RUFFINI                                               via Jacopo Ruffini

 

 

Vecchia titolazione succeduta a quella antichissima di “via Larga”.   L’antichissimo nome di via Larga, fu cambiato all’inizio del secolo 1900 quando si volle dare all’epopea risorgimentale un valore di risalto nazionale,  di forza superiore alle più radicate tradizioni locali.

Attualmente (con delibera del podestà, del 19 agosto 1935) si chiama via Palazzo della Fortezza.

Attualmente via J.Ruffini è in Portoria.

Nel 1850 –a nord della strada ferrata- la parte vicino alla ferrovia era delimitata a ponente da una baracca, raggiungibile da un cancello posto sulla strada ed addossata, al muraglione ed alla proprietà Dellepiane (e poi ‘eredi Dellepiane’);  a levante da quella dei fratelli Lagorara. Le case attorno la strada, prima del sottopasso avevano uno stacco da mbedue i lati; nesso stacco verso est, nella seconda arcata, rispetto il sottovia principale, in quegli anni c‘erano dei lavatoi pubblici .

-Allo sbocco sud del sottopasso ferroviario, in via –oggi Buranello- si leggono  verso levante i civici 13r, 11r, 9r; e verso ponente 15r, 17r, 19r. 

Nell’elenco strade del 1910 il nome del patriota compare con la I italiana; sottoscritto ‘già via Larga’; limitata ‘da via C.Colombo al vico Massimo d’Azeglio’; con civv. fino al 16 ed 11, cresciuti nel lustro dopo a 18 ed 11

Nel Pagano 1911-12 Bocci Ernesto possiede una fabbrica di cornici (ci sarà ancora al civ.16,  nel 1933↓); Macciò Giacomo un negozio deposito di ferro vecchio.

Era ancora con questo nome nel 1923 quando il piano regolatore progettava l’allargamento della strada a 10 metri e di contornarla di case da abitazioni moderne, con vicino la  caserma dei pompieri ed un mercato.

Il Pagano 1925 segnala al civ. 14 l’osteria di Alvigini Gaspare;--- civ. 16  l’officina di manifattura della latta-cromolitografia dei Bozzolo & C. tel.41084;--- civ. 43-45 il pastificio alimentari di Ricagni Silvio;--- cNP laboratorio del marmista Bosio Costantino (anche in v.DeMarini; nel 1926 si reclamizzava ‘si costruiscono monumenti-lapidi e croci su qualunque disegno – costruzioni in marmo per fabbricati per mobili ed altri generi’ )

Nel 1926 furono assorbiti nella Grande Genova tutti i Comuni limitrofi sino ad allora autonomi; fu necessario quindi eliminare le titolazioni doppie, a vantaggio di quelle del Centro, ove è tutt’ora; per SPd’Arena e Sestri si dovette programmare il cambio. 

Ancora nel 1933 , iniziando sempre dalla marina, da ‘via C.Colombo’ (via San Pier d’Arena) arrivava in via M.D’Azeglio; in quell’anno, al civ.5 c’era la Scuola industriale maschile G.Garibaldi; al 14 il vinaio Alvigini Gaspare; al 16 la fabbrica di cornici di Bocci Ernesto; al 31r il macellaio di carni suine Sacco Francesco; al 35r il droghiere Carissimi Venezia; al 39r sempre droghiere Carissimi Maria; 43-45r pastificio alimentare di Ricagni Silvio.

 

DEDICATA al medico, patriota, compagno di gioventù di Mazzini, nato a Genova il 22 giu.1805 e residente in via delle Grazie (figlio di Bernardo,  giudice del tribunale, propugnatore unitario; e di Eleonora Curlo, marchesa proveniente da Taggia.

Di tredici fratelli, solo la sorella Angelina ed un fratello Ottavio si disinteressarono di politica.

Tra tutti, altri due fratelli, dopo i moti del 1833, preferirono l’esilio

=Giovanni (Ge.29.9.1807-Taggia 3.11.1881, andò a Londra e poi a Parigi; autore di due celebri romanzi scritti in inglese con i quali si riproponeva far conoscere i valori del Risorgimento: ‘il dottor Antonio’ e ‘Lorenzo Benoni’; e per Donizetti,  i libretrti del donSebastiano e donPasquale.

=Agostino (Ge.17.2.1812-Taggia 3.1.1855),dopo la carboneria e Giovine Italia, affiancò Mazzini fino al 1840. Tornato a Ge nel 1848 divenne deputato al parlamento subalpino.


Iacopo, ancora studente in medicina, si iscrisse alla carboneria e collaborò alla nascita della Giovine Italia, divenendone responsabile locale ed apostolo delle nuove idee, scrivendo di esse sulla rivista “Congrega” e sull’ “Indicatore Genovese”.


 Si laureò nel 1930 prestando la sua opera di medico assistente nell’ospedale di Pammatone.

Lo slancio e l’ardore giovanile lo portarono in posizioni di alta responsabilità; finché segnalato alle autorità, sicuramente da una spiata,  fu arrestato e condotto nel carcere della Torre del Palazzo Ducale all’alba del 14 maggio 1833;  fu rinchiuso nella cella detto “scalinetto”, al quarto piano della torre perché per accedervi occorre prima scendere un gradino, percorrere ricurvi un corridoio, e subito dopo la porta, salire un altro scalino; la cella, di pochi metri quadrati, oltre  la porta rinforzata, ha in basso a pochi centimetri da terra una grata quadrata di mezzo metro di lato, ma che non da all’esterno in quanto - al di là della fitta inferriata- inizia un canale largo quanto l’inferriata stessa  che si prolunga inclinato per tre metri nello spessore del muro finché piegandosi di un leggero angolo si apre all’esterno con una finestra ancor più piccola, bloccata anch’essa da un’altra inferriata.

Era esponente dei primi vagiti della nuova filosofia politica (ancora gran confusione tra come realizzare l’Italia-Una; tra regno e repubblica –con terzo incomodo- il papato; tra pacifica soggezione alle decisioni imposte dall’alto e libertà da conquistare con la lotta e la vita: i tempi risorgimentali non erano ancora maturi ed i singoli pionieri dell’ideologia mazziniana andavano avanti da soli,  allo sbaraglio e privi di un supporto organizzato).

Per l’insieme di questi motivi il 19 giugno preferì clamorosamente togliersi la vita svenandosi: si piantò nel collo con disperata violenza un pezzo di ferro strappato alla lastra che rivestiva la porta; e scrivendo col sangue sul muro “la vendetta ai fratelli” si lasciò morire. Aveva ventotto   anni.

La prospettiva non era solo un duro interrogatorio, ma soprattutto il timore di coinvolgere gli amici,  obbligato forse anche dalla tortura fisica pur di estorcergli informazioni sui compatrioti e sull’organizzazione (molti dei quali invece, più deboli, preferirono collaborare con la polizia, denunciando i fatti e le idee. Ma altri come i sottufficiali Giuseppe Biglia e Francesco  Miglio ed il maestro d’armi Antonio Gavotti, tutti dell’esercito sardo, caddero fucilati alla Cava il 15.6.1833; altri ancora nei fossati del forte di Alessandria; Lorenzo Boggiano seguì l’esempio col suicidio).

la cella nel Palazzo Ducale,  nella quale fu internato J.Ruffini

Da Londra, l’amico Giuseppe Mazzini profondamente scosso dalla notizia, scrisse una invocazione-dedica,  ricca di enorme commozione.

Una lapide il cui scritto fu dettato da Emanuele Celesia, è posta nel palazzo Ducale e ricorda: “Consacrò queste carceri il sangue d’Jacopo Ruffini mortovi per la fede italiana 1833”; altra dettata da E. Re era in una aiuola nella strada genovese a lui dedicata (andò distrutta quando l’area divenne ‘campus’ per la X Mas).  

La diatriba, tra scrivere il nome con la J o con la I, è legata a volte all’esasperata volontà dell’epoca fascista di italianizzare i nomi (come anche per Walter); comunque le tre enciclopedie, italianizzano  la I.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 3988 (J)

-AA.VV.-SPd’A.nella sua amministrazione fascista-Reale.1926-p.54(J)

-DeLandolina GC-Sampierdarena- Rinascenza .1922 – pag. 54

-Enciclopedia Motta (I)

-Enciclopedia Sonzogno (I)

-Enciclopedia Zanichelli (I) data morte 10 giu.

-Genova-bollettino municipale-10/23.pag.1162ritratto

-Marasco G.-Eleonora Ruffini una donna...-La Casana 2/79-pag.40

-Museo s.Agostino-archivio toponomastica

-Novella P.-Strade di Ge-Manoscritto b.Berio.1900-pag.18.20 (J)

-Pagano/1933-pag.69.248

-Pastorino&Vigliero-Dizion. strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1631(J)ritratto  

-Quinto GB.-Le targhe delle strade-Pagano.1979.pag. 16